La donna era controllata dalla famiglia e subiva violenze da suo marito, che la maltrattava con metodo mafioso.
In Italia, il secondo caso di violenza con metodo mafioso. Un 54 enne gelese, affiliato a Cosa Nostra e residente a Busto Arsizio (Varese), è stato accusato per aver maltrattato, picchiato e segregato in casa sua moglie 48 enne, a partire dal 2003, tra Gela e Busto Arsizio. Sotto inchiesta anche le due sorelle dell’uomo e sua madre.
Il caso
La donna è riuscita a chiedere aiuto dopo anni di vessazioni e minacce che il marito ha rivolto anche a suoi colleghi e conoscenti. Adesso lei collabora con la Giustizia e gode della protezione testimoni. Al termine di un’indagine condotta dalla Dda di Milano e dalla Procura di Caltanisetta, è stato chiesto il rinvio a giudizio del caso, con trasferimento in Sicilia.
Il 54enne ha dichiarato: “Sono venuto qui senza passamontagna, a viso scoperto, non ho paura di niente anche se devo tornare in galera… ci finiamo tutti sul giornale. Ho una cassa piena di armi, non ho più niente da perdere, comincio a fare una strage”.
Le indagini della Procura
I fascicoli della Procura di Caltanisetta e la Dda di Milano, parlano di una donna che non poteva uscire di casa senza il permesso del marito ed era controllata a vista dalle sorelle e dalla madre di lui, oltre che sottoposta a pestaggi continui anche davanti alla loro figlia.
I due erano andati a vivere a Busto Arsizio da Gela nel 2007, proprio vicino la famiglia del 54enne. Oltre ad essere ripetutamente pichiata, la donna aveva l’obbligo di mostrare il cellulare e fotografare ogni suo spostamento. Aveva anche il divieto di andare al lavoro da sola, hanno continuato ad essere una costante. Quando lui è finito in carcere per sette anni, oltre a pretendere una lettera al giorno con il resoconto delle sue attività e di quelle della figlia, ha dato ordine a sua sorella di pedinare la moglie.